Un legame corretto è vitale
.............Un legame corretto è vitale
Anche la lunga lista precedente non pone fine alle mancanze degli evoluzionisti. Non è sufficiente che gli amminoacidi siano ordinati in numero corretto, in sequenza e secondo la richiesta struttura tridimensionale. La formazione di una proteina esige anche che le molecole di amminoacidi con più di un braccio siano reciprocamente legate solo attraverso certi bracci. Tale vincolo è detto "legame peptidico". Gli amminoacidi possono creare dei legami reciproci in modo diverso, ma le proteine sono costituite solo da quegli amminoacidi che sono uniti per mezzo di legami "peptidici".
Un paragone permetterà di chiarire questo punto: si supponga che un'automobile sia completa di tutte le sue parti correttamente assemblate, ad eccezione di una ruota, fissata non con con i dadi e i bulloni appropriati, ma con un pezzo di filo metallico, in modo tale che il suo mozzo sia rivolto verso terra. Sarebbe impossibile per tale automobile avanzare anche solo di un metro, nonostante la complessità della sua tecnologia e la potenza del suo motore. A prima vista tutto sembrerebbe a posto, ma l'errata installazione di anche una sola ruota renderebbe l'intera auto inutilizzabile. Allo stesso modo, in una molecola proteica, l'unione di anche un solo amminoacido ad un altro con un legame diverso da quello peptidico renderebbe l'intera molecola inservibile.
Le ricerche hanno mostrato che gli amminoacidi combinati casualmente presentano legami peptidici solo nella misura del 50%, mentre il restante è costituito da legami differenti che non sono presenti nelle proteine. Per funzionare correttamente, ogni amminoacido costituente una proteina deve essere congiunto solo per mezzo di un legame peptidico, così come deve essere scelto soltanto tra i levogiri.
Tale probabilità è la stessa di ogni proteina di essere sinistra. Ovvero, quando si considera una proteina formata da 400 amminoacidi, la probabilità che questi si combinino tra loro solo con legami peptidici è pari a 1 su 2399.
Probabilità zero
Come si è visto, la probabilità che una molecola proteica costituita di 500 amminoacidi si formi è pari a "1" su un numero formato da 950 zeri, incomprensibile alla mente umana. Questa è solo una probabilità sulla carta. In pratica, questa ha "0" possibilità di realizzazione. In matematica, una probabilità inferiore a 1 su 1050 è statisticamente considerata pari a "0" possibilità di realizzazione.
Una probabilità di "1 su 10950" è ben oltre i limiti di questa definizione.
Mentre la improbabilità della formazione di una molecola proteica di 500 amminoacidi raggiunge un tale grado, possiamo procedere oltre spingendo i limiti della mente a livelli più elevati di improbabilità. Nella molecola dell'emoglobina, che è una proteina vitale, vi sono 547 amminoacidi, un numero superiore a quello citato in precedenza. Si pensi ora che in un solo tra i miliardi di globuli rossi del sangue, vi sono "280.000.000" di molecole di emoglobina.
La presunta età della terra non è sufficiente a permettere la formazione di neppure una singola proteina mediante il metodo di "prova ed errore", per non considerare un globulo rosso. Anche se si supponesse che gli amminoacidi si fossero combinati e decomposti per mezzo di tale metodo, senza alcuna perdita di tempo fin dalla formazione del mondo al fine di costituire una singola molecola proteica, il periodo di tempo richiesto sarebbe ancora più esteso della presente età del mondo per raggiungere la probabilità di 1 su 10950.
Ne deriva che l'evoluzione cade in un terribile abisso di improbabilità già dal momento della formazione di una singola proteina.
Esiste in natura un meccanismo di prova ed errore?
Concludiamo, infine, con un punto molto importante in relazione alla logica di base del calcolo delle probabilità, del quale abbiamo dato alcuni esempi. Abbiamo visto in precedenza come il calcolo delle probabilità raggiunge limiti astronomici e che tali possibilità sono praticamente irrealizzabili. Vi è, tuttavia, un aspetto molto più importante e caotico per gli evoluzionisti: in condizioni naturali, tali probabilità non possono neppure dare inizio ad alcun periodo di prova, in quanto in natura non esiste alcun meccanismo di prova ed errore che tenti di produrre proteine.
I calcoli che abbiamo sopra indicato per mostrare la probabilità della formazione di una molecola proteica con 500 amminoacidi sono validi solo per un'ideale condizione di "prova ed errore", che non esiste nella vita reale. Ovvero, la probabilità di ottenere una proteina utile è pari a "1" su 10950 soltanto se si suppone che esista un meccanismo immaginario nel quale una mano invisibile congiunga 500 amminoacidi a caso, quindi, dopo averne constatato l'erroneità, li separi uno ad uno e li disponga in un ordine diverso per la seconda volta, e così di seguito. Nel corso di ogni tentativo, gli amminoacidi dovrebbero essere disuniti singolarmente e sistemati secondo un nuovo ordine; la sintesi dovrebbe fermarsi dopo l'aggiunta del cinquecentesimo amminoacido e l'assicurazione che non ve ne sia neppure un altro coinvolto. La prova dovrebbe, quindi, interrompersi per verificare se la proteina si fosse costituita, in caso di insuccesso, tutto dovrebbe essere dissolto e provato per una nuova sequenza. Oltre a questo, nel corso di ogni prova, neppure un singolo materiale estraneo dovrebbe essere coinvolto. Sarebbe inoltre essenziale che la catena formatasi durante la prova non venisse spezzata e distrutta prima di aver raggiunto il quattrocentonovantanovesimo vincolo. Tali condizioni significano che le probabilità, di cui sopra abbiamo fatto menzione, possono aver luogo soltanto in un ambiente controllato, ove un meccanismo consapevole diriga, sin dal principio, ogni fase del processo, in cui solo la "selezione degli amminoacidi" sia lasciata al caso. È, senza dubbio, impossibile che che un simile ambiente esista in condizioni naturali. La formazione di una proteina nell'ambiente naturale è, quindi, logicamente e tecnologicamente impossibile, nonostante l'aspetto di "possibilità". In realtà, parlare della probabilità di un tale evento è del tutto privo di scientificità.
Alcuni evoluzionisti poco istruiti non colgono questo. Poiché credono che la formazione di una proteina sia una semplice reazione chimica, ne traggono ridicole deduzioni del tipo che "gli amminoacidi si combinano per reazione e quindi formano proteine". Nondimeno, le reazioni chimiche accidentali che si verificano in una struttura inorganica possono solo apportare cambiamenti semplici e primitivi, il cui numero è certo e limitato. Un materiale chimico alquanto più complesso richiede enormi stabilimenti chimici e laboratori. La medicine e molti altri materiali chimici che utilizziamo nella nostra vita quotidiana sono dello stesso tipo. Le proteine hanno strutture molto più complesse di quelle chimiche prodotte dall'industria. È impossibile, di conseguenza, che le proteine, ognuna delle quali è un capolavoro di design e ingegneria, abbiano avuto origine da reazioni chimiche casuali.
Mettiamo da parte per un minuto tutte le impossibilità che abbiamo descritto finora e supponiamo che una molecola proteica utile si sia evoluta spontaneamente "per coincidenza". Anche a questo punto l'evoluzione non ha risposte, in quanto, affinché questa proteina possa sostenere la sua presenza, richiederebbe di essere isolata dalla collocazione naturale in cui si trova e avrebbe necessità di essere protetta in condizioni molto speciali. In caso contrario, questa proteina verrebbe disintegrata dall'esposizione alle condizioni naturali della terra oppure si congiungerebbe ad altri acidi, amminoacidi o composti chimici, perdendo le sue proprietà e trasformandosi, di conseguenza, in una sostanza del tutto diversa e inutile.
La confusione degli evoluzionisti riguardo all'origine della vita
La questione su "come gli esseri viventi siano apparsi per la prima volta" rappresenta una tale impasse per gli evoluzionisti, che essi di solito non tentano neppure di avvicinarsi a questo argomento. Cercano di evitare la domanda affermando che "le prime creature pervennero all'esistenza in seguito ad alcuni eventi accidentali nell'acqua". Sono, tuttavia, ad un punto morto che non possono in alcun modo oltrepassare. A dispetto delle ragioni evoluzioniste dei paleontologi, in questo caso non dispongono di alcun fossile che gli permetta di distorcere e fraintendere la realtà come vorrebbero al fine di patrocinare le loro asserzioni. La teoria dell'evoluzione risulta, quindi, definitivamente confutata fin dal principio.
Vi è un punto importante da prendere in considerazione: se è dimostrato che ogni passo del processo evolutivo è impossibile, ciò è sufficiente a provare che l'intera teoria è del tutto falsa e non valida. Ad esempio, provando che la formazione accidentale di proteine è impossibile, vengono di conseguenza confutate anche tutte le altre motivazioni riguardo ai passi successivi dell'evoluzione. Dopo questa fase, perdono ogni senso le speculazioni sui crani di alcuni uomini e scimmie.
Come gli organismi viventi fossero pervenuti all'esistenza da sostanze inorganiche fu una questione che gli evoluzionisti non vollero per lungo tempo neppure menzionare. Nondimeno, divenne un problema inevitabile che si tentò di risolvere con una serie di studi nel secondo quarto del XX secolo.
La domanda principale era: "Come avrebbero potuto le prime cellule viventi apparire nella primordiale atmosfera della terra?" In altre parole, che tipo di spiegazione avrebbero potuto apportare a questo problema gli evoluzionisti?
Le risposte vennero cercate per mezzo di esperimenti. Gli scienziati e i ricercatori evoluzionisti condussero una serie di esperimenti di laboratorio volti a trovare la soluzione a questa domanda, senza, tuttavia, risvegliare un grande interesse.
Lo studio più prestigioso sull'origine della vita è il cosiddetto Esperimento Miller, condotto dal ricercatore americano Stanley Miller nel 1953. (L'esperimento è anche noto come "Esperimento Urey-Miller", per il contributo dell'insegnante di Miller presso l'Università di Chicago, Harold Urey.)
Questo esperimento rappresenta la sola prova avanzata a dimostrazione della "tesi dell'evoluzione molecolare", addotta per definire il primo periodo dell'evoluzione. Nonostante sia trascorso quasi mezzo secolo e siano stati realizzati enormi progressi tecnologici, non si è fatto alcun passo avanti.
L'esperimento di Miller è tuttora oggetto di studio nei testi didattici per spiegare l'originaria generazione di esseri viventi. Consapevoli del fatto che tali studi non offrono alcun supporto, ma che anzi confutano la loro tesi, gli evoluzionisti hanno deliberatamente evitato di intraprendere simili esperimenti.
L'esperimento di Miller
L'intento di Miller era di presentare una scoperta sperimentale che mostrasse come gli amminoacidi fossero pervenuti all'esistenza "per casualità" miliardi di anni fa sulla terra priva di vita.
Nel corso del suo esperimento, Miller utilizzò una mistura di gas, composta di ammoniaca, metano, idrogeno e vapore acqueo, che egli presuppose fosse esistita sulla terra primordiale (ma che in seguito si dimostrò irrealistica). Dal momento che questi gas non reagivano tra loro in condizioni naturali, egli applicò degli stimoli energetici al milieu per provocare la reazione. Supponendo che tale energia fosse derivata da lampi di luce nell'atmosfera primordiale, egli si servì di una fonte artificiale di scarica elettrica per riprodurla.
Miller fece bollire a 100°C questa mistura di gas per una settimana e vi introdusse una corrente elettrica. Alla fine della settimana, Miller analizzò le sostanze chimiche formatesi nel fondo della vaschetta e osservò che tre dei 20 amminoacidi, che costituiscono gli elementi basici delle proteine, si erano sintetizzati.
Questo esperimento indusse una grande eccitazione tra gli evoluzionisti e venne promosso come un notevole successo. In uno stato di abbagliante euforia varie riviste pubblicarono titoli del tipo "Miller crea la vita". Tuttavia, le molecole che Miller aveva sintetizzato erano solo molecole "inorganiche".
Incoraggiati da questo esperimento, gli evoluzionisti crearono immediatamente nuovi scenari. Furono precipitosamente ipotizzati stadi successivi agli amminoacidi. Questi, per supposizione, si sarebbero più tardi riuniti casualmente in sequenze appropriate per formare proteine. Tali proteine createsi accidentalmente si sarebbero, in seguito, poste autonomamente in strutture simili a membrane cellulari, le quali, "in qualche modo", sarebbero pervenute all'esistenza e avrebbero costituito una cellula primitiva. L'esperimento di Miller, tuttavia, non fu nient'altro che una finzione, la cui falsità è stata provata in molti modi.
L'esperimento di Miller non fu nient'altro che una finzione
L'esperimento di Miller fu un tentativo di provare che gli amminoacidi avrebbero potuto formarsi autonomamente nelle primordiali condizioni della terra. Permangono, tuttavia, numerose incongruenze:
1.Servendosi di un meccanismo detto "trappola fredda", Miller isolò gli amminoacidi dall'ambiente non appena essi si erano formati. Se non avesse fatto questo, le condizioni dell'ambiente in cui gli amminoacidi si erano formati avrebbero immediatamente distrutto queste molecole. Senza dubbio, questo tipo di meccanismo di isolamento consapevole non esisteva durante le primordiali condizioni terrestri. Senza un tale meccanismo, anche se si fosse ottenuto un solo amminoacido, sarebbe stato immediatamente distrutto. Il chimico Richard Bliss ha espresso questa contraddizione nel modo seguente: "In realtà, senza questa trappola fredda, i prodotti chimici sarebbero stati distrutti dalla sorgente elettrica."101
Sicuramente Miller, nei suoi esperimenti precedenti, non potè costituire alcun amminoacido, pur usando gli stessi materiali ma senza la trappola fredda.
2. Il primordiale ambiente atmosferico che Miller tentò di simulare nel suo esperimento non era realistico. Nel 1980, gli scienziati furono concordi nell'affermare che l'azoto e il biossido di carbonio, in realtà, erano presenti in questo ambiente artificiale in luogo del metano e dell'ammoniaca. Dopo un lungo periodo di silenzio, lo stesso Miller confessò che l'ambiente atmosferico da lui ricostruito non era realistico.102
Perché, allora, Miller ha insistito su questi gas? La risposta è semplice: senza l'ammoniaca, sarebbe stato impossibile sintetizzare un amminoacido. A questo proposito, in un articolo apparso sulla rivista Discover, Kevin Mc Kean ha scritto Miller e Urey imitarono l'antica atmosfera della terra con una mistura di metano e ammoniaca. Secondo la loro opinione, la terra sarebbe stata una mistura omogenea di metallo, roccia e ghiaccio. Gli studi più recenti, tuttavia, hanno rivelato che la terra era molto calda a quei tempi e che era composta di nichelio e ferro fuso. Di conseguenza, l'atmosfera chimica di quel periodo dovrebbe essere stata composta soprattutto di azoto (N2), biossido di carbonio (CO2) e vapore acqueo (H2O). Nondimeno, questi elementi non sono così adatti alla produzione di molecole organiche come il metano e l'ammoniaca.103
Gli scienziati americani J. P. Ferris e C. T. Chen ripeterono l'esperimento di Stanley Miller in un ambiente atmosferico che conteneva biossido di carbonio, idrogeno, azoto e vapore acqueo, e non riuscirono ad ottenere neppure un singolo amminoacido.104
3. Un altro aspetto importante volto ad infirmare l'esperimento di Miller è che vi era abbastanza ossigeno da distruggere tutti gli amminoacidi presenti nell'atmosfera nel periodo in cui si suppone si siano formati. Questo fatto, non rilevato da Miller, è rivelato dalle tracce di ossido di ferro e uranio scoperte in rocce che si stima risalgano a 3,5 milioni di anni fa.105
Altre scoperte mostrano che la quantità di ossigeno a quello stadio era molto più elevato di quanto originariamente sostenuto dagli evoluzionisti. Gli studi rivelano che in quel periodo il livello di radiazioni ultraviolette a cui la terra era esposta era diecimila volte superiore alle stime degli evoluzionisti. Queste intense radiazioni ultraviolette avrebbero inevitabilmente liberato l'ossigeno decomponendo il vapore acqueo e il biossido di carbonio nell'atmosfera.
Questa situazione invalida radicalmente l'esperimento di Miller, nel quale l'ossigeno era del tutto negletto. Se l'ossigeno fosse stato utilizzato nell'esperimento, il metano si sarebbe decomposto in biossido di carbonio e acqua, mentre l'ammoniaca in azoto e acqua. D'altra parte, in un ambiente dove l'ossigeno non esisteva non vi sarebbe stato neppure uno strato di ozono, quindi gli amminoacidi sarebbero stati immediatamente distrutti non appena esposti a raggi ultravioletti molto intensi senza la protezione di uno strato di ozono. In altre parole, con o senza l'ossigeno nel mondo primordiale, il risultato sarebbe stato un ambiente distruttivo per gli amminoacidi.
4. Al termine dell'esperimento di Miller, si formarono molti acidi organici con caratteristiche nocive alle strutture e alle funzioni degli esseri viventi. Se gli amminoacidi non fossero stati isolati e fossero stati lasciati nello stesso ambiente con queste sostanze, la loro distruzione o trasformazione in composti differenti, attraverso reazioni chimiche, sarebbe stata inevitabile.
Per di più, alla fine dell'esperimento si formarono innumerevoli amminoacidi destrogiri. La loro esistenza confutò la teoria fin nel suo intimo ragionamento, in quanto gli amminoacidi destrogiri erano parte di quelli che non si adattavano alla funzione nella composizione degli organismi viventi. Per concludere, le circostanze in cui si formarono gli amminoacidi nell'esperimento di Miller non erano adatte alla vita. In realtà, questo mezzo prese la forma di una mistura acida che distruggeva e ossidava le molecole utili ottenute.
Un'unica realtà concreta si ricava da tutti questi fatti: l'esperimento di Miller non può pretendere di provare la casuale formazione di esseri viventi nelle primordiali condizioni terrestri. L'intero esperimento non è altro che una prova di laboratorio sottoposta a controlli per sintetizzare amminoacidi. Il volume e il tipo di gas utilizzati furono determinati al fine di originare amminoacidi. La quantità di energia rifornita al sistema non era né in eccesso né in difetto, bensì quella stabilita con precisione allo scopo di permettere le necessarie reazioni. L'impianto adibito all'esperimento fu accuratamente isolato in modo tale da evitare la penetrazione di qualsiasi tipo di elemento dannoso, distruttivo o di impedimento alla formazione di quegli amminoacidi che erano probabilmente presenti nelle primordiali condizioni terrestri. Nessun elemento, minerale o composto, tra quelli presenti effettivamente ai primordi che avrebbe potuto cambiare il corso delle reazioni, fu incluso nell'esperimento. L'ossigeno, che avrebbe potuto prevenire la formazione di amminoacidi per ossidazione, è soltanto uno tra questi elementi distruttivi. Anche in ideali condizioni di laboratorio, è stato impossibile mantenere in vita gli amminoacidi prodotti evitando la loro distruzione senza valersi del meccanismo della "trappola fredda".
Con questo esperimento, in realtà, gli evoluzionisti stessi hanno confutato l'evoluzione, in quanto, se l'esperimento ha provato qualcosa, è che gli amminoacidi possono essere prodotti soltanto in un ambiente di laboratorio controllato, dove tutte le condizioni sono specificamente progettate da un intervento consapevole. Ovvero, il potere che determina la vita non può essere il caso inconsapevole, ma piuttosto una creazione conscia.
La ragione per cui gli evoluzionisti non accettano questa realtà palese è la loro cieca adesione a pregiudizi che non hanno alcun carattere di scientificità. È degno di nota il fatto che Harold Hurey, l'organizzatore insieme al suo allievo Stanley Miller dell'esperimento in esame, abbia a tale proposito confessato:
Tutti noi che abbiamo studiato le origini della vita riteniamo che più ci si addentri in essa, più si senta che è troppo complessa per essersi in qualche modo evoluta. Noi tutti crediamo, come se fosse un articolo di fede, che la vita su questo pianeta si sia evoluta dalla materia morta. La sua complessità è tuttavia così grande, che diventa difficile immaginarselo.107
L'atmosfera primordiale della terra e le proteine
Nonostante tutte le incongruenze che abbiamo citato in precedenza, gli evoluzionisti continuano a riferirsi all'esperimento di Miller per evitare la questione dell'autonoma formazione di amminoacidi nelle primordiali condizioni terrestri. Tuttora, essi continuano a ingannare la gente pretendendo che il problema sia stato risolto da questo esperimento fallace.
Nondimeno, per spiegare la seconda fase dell'origine della vita, gli evoluzionisti dovettero affrontare un problema incomparabilmente più grande di quello della formazione degli amminoacidi: le "proteine", ovvero, i blocchi da costruzione della vita, composte da centinaia di differenti amminoacidi uniti secondo un ordine preciso.
Affermare che le proteine siano state formate dal caso in condizioni naturali è molto più irrealistico e irragionevole della medesima affermazione a proposito degli amminoacidi. Nelle pagine precedenti abbiamo studiato, valendoci del calcolo delle probabilità, l'impossibilità matematica dell'unione accidentale di amminoacidi in sequenze precise al fine di formare proteine. Ora esamineremo come sia impossibile che le proteine siano state prodotte chimicamente nelle primordiali condizioni terrestri.
La sintesi proteica non è possibile in acqua
Quando si combinano per formare proteine, gli amminoacidi costituiscono tra loro un legame speciale detto "peptidico", nel corso della cui formazione viene liberata una molecola di acqua.
Ciò confuta definitivamente la spiegazione evoluzionista che la vita ai primordi abbia avuto origine dall'acqua, in quanto, secondo il "principio di Le Châtelier", non è possibile che una reazione che libera acqua (reazione di condensazione) abbia luogo in un ambiente idrato. La realizzazione di questo tipo di reazione in un ambiente idrato si dice che "abbia la minima probabilità di accadere" tra tutte le reazioni chimiche.
Gli oceani, quindi, considerati i luoghi dove ebbero origine la vita e gli amminoacidi, non sono lo sfondo appropriato alla formazione di proteine. D'altra parte, sarebbe irrazionale per gli evoluzionisti cambiare il loro pensiero e affermare che la vita ebbe origine sulla terra, perché il solo ambiente dove gli amminoacidi avrebbero potuto essere protetti dalle radiazioni ultraviolette è costituito dagli oceani e dai mari. Il principio di Le Châtelier smentisce l'idea della formazione della vita nei mari. Ciò costituisce un altro dilemma da risolvere per gli evoluzionisti.
Un altro sforzo disperato: l'esperimento di Fox
Sfidati dal suddetto dilemma, gli evoluzionisti iniziarono a inventare scenari irrealistici sul "problema acqua" che confutavano integralmente le loro teorie. Sydney Fox fu uno tra i più noti di questi ricercatori. Egli avanzò la seguente teoria per risolvere tale problema: i primi amminoacidi devono essere stati trascinati su alcune rupi nei pressi di un vulcano nel periodo appena successivo alla loro formazione nell'oceano primordiale. L'acqua contenuta nella mistura, che includeva gli amminoacidi presenti sulle rupi, deve essere evaporata quando la temperatura ha superato il punto di ebollizione. In tal modo, gli amminoacidi che erano stati "asciugati" avrebbero potuto combinarsi per formare le proteine.
Tale "complicata" soluzione non ottenne, tuttavia, diffusa approvazione, in quanto gli amminoacidi non avrebbero potuto sopravvivere a temperature così elevate, come è stato provato da successive ricerche.
Fox, in ogni caso, non si rassegnò. Egli combinò degli amminoacidi purificati in laboratorio "in condizioni molto speciali" riscaldandoli in ambiente asciutto. Gli amminoacidi si combinarono, ma non si ottenne alcuna proteina. Ciò che egli ottenne, in realtà, furono semplici e disordinati raccordi di amminoacidi arbitrariamente combinati tra loro, ben lungi dal rassomigliare ad una proteina vivente. Inoltre, se Fox avesse mantenuto gli amminoacidi ad una temperatura costante, allora questi inutili raccordi sarebbero stati disintegrati.108
Un altro fattore che invalidò ulteriormente l'esperimento fu l'utilizzo da parte di Fox non degli inutili prodotti finali dell'esperimento di Miller, ma di puri amminoacidi provenienti da organismi viventi. Nondimeno questo esperimento, che intese proseguire quello di Miller, prese avvio proprio dai risultati ottenuti da quest'ultimo. Eppure, né Fox, né alcun altro ricercatore utilizzarono mai gli inutili amminoacidi prodotti da Miller.109
L'esperimento di Fox non fu accolto positivamente neppure presso i circoli evoluzionisti, poiché fu chiaro che le insignificanti catene di amminoacidi (proteinoidi) prodotte noon avrebbero potuto formarsi in condizioni naturali. Per di più, le proteine, i blocchi da costruzione della vita, non avrebbero potuto essere prodotte. Il problema dell'origine delle proteine rimaneva ancora aperto. In un articolo del 1970 apparso nella rivista scientifica divulgativa Chemical Engineering News, l'esperimento di Fox venne menzionato nei termini seguenti:
Sidney Fox e gli altri ricercatori tentarono di unire gli amminoacidi in forma di proteinoidi, avvalendosi di tecniche di riscaldamento molto speciali in condizioni che non corrispondevano a quelle delle fasi primordiali della terra. Inoltre, i proteinoidi non assomigliano assolutamente alle proteine regolari presenti negli esseri viventi. Non sono altro che macchie inutili e irregolari. Si è detto che seppure tali molecole si fossero formate nei primi tempi, sarebbero state sicuramente distrutte.110
Senza dubbio, i proteinoidi ottenuti da Fox furono assolutamente diversi dalle proteine reali sia per struttura che per funzione. La differenza tra proteine e proteinoidi è tanto grande quanto quella che intercorre tra uno strumento ad alta tecnologia e un ammasso di materia informe
No vi era, inoltre, neppure la possibilità che queste irregolari catene di amminoacidi potessero sopravvivere nell'atmosfera primordiale. Effetti chimici e fisici dannosi e distruttivi causati dalla violenta esposizione ultravioletta e instabili condizioni naturali avrebbero provocato la disintegrazione di questi proteinoidi. Secondo il principio di Le Châtelier, sarebbe stato impossibile agli amminoacidi di combinarsi nell'acqua dove i raggi ultravioletti non li avrebbero raggiunti. Per questa ragione, l'idea che i proteinoidi costituissero le basi della vita perse infine l'appoggio degli scienziati.